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Malaparte mon amour (su “Malaparte. morte come me” – Monaldi,Sorti)

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Il duo eclettico e stra-famoso Monaldi e Sorti, autori della fortunatissima serie del “Imprimatur” con le avventure di Atto Melani, sono tornati in libreria con un geniale lavoro dove in modo surreale e coltissimo ci raccontano una delle figure più interessanti della cultura italiana del ‘900: Curzio Malaparte. Lo scrittore, polemista, giornalista viveur è stato un personaggio complesso e impossibile da racchiudere in una definizione unica. La sua mordente ironia e la sua intelligenza sono leggendarie e i suoi libri scatenarono e sollevano ancora oggi polemica e dibattiti. Un genio che raccontò sferzante i mali della sua epoca, la violenza e l’ottusità dei totalitarismi, che considerava la libertà primo motore della sua vita e che grazie alla sua fama enorme riusciva nonostante tutto ad essere considerato un intoccabile dal regime che pur spessissimo si divertiva a mettere in imbarazzo. Il romanzo si intitola “Malaparte. Morte come me” e, partendo da un cast di protagonisti realmente esistiti, racconta una storia in bilico tra reportage del mondo dorato dei favolosi anni ’30 e il thriller. Tutto parte da un’accusa terribile: Malaparte, avvicinato da due agenti dell’OVRA (la polizia segreta di Mussolini) viene accusato dell’omicidio di una giovane poetessa inglese, Pamela Reynolds, che tutti ritenevano suicida. Da cui parte il racconto che ricostruisce un’epoca con le sue speranze e i suoi orrori. Gli autori in questo romanzo hanno giocato con la narrazione con grazia ed eleganza restituendoci la figura di Malaparte (autore di libri come “La pelle” e “Tecnica del colpo di stato”, capolavori di lucidità e ferocia) impegnato a ricostruire l’indagine in cui fu coinvolto per guadagnarsi, attraverso la scrittura onesta e sincera, la salvezza dell’anima. La Morte stessa, elegantissima e sensuale, agghindata come una delle tante donne del bel mondo che lo scrittore aveva frequentato, gli propone di riscattare la sua anima attraverso un romanzo e l’autore alla proposta si apre al ricordo e alla visione del passato. Ecco dunque apparire Capri, la ricchezza e la leggerezza di un gruppo di giovani che danzano sull’abisso, la guerra alle porte, il fascismo e le ricche ereditiere infelici. Tutto questo serve a preparare un cocktail unico che, con un sottofondo musicale jazz simile ad una “nuvola rosa”, tiene il lettore incollato alle pagine. Questo libro ha molti meriti. Innanzi tutto è ben scritto, ben documentato (come tutti i coltissimi racconti del duo Monaldi e Sorti) e ricco di interessanti rimandi alla situazione storica e sociale dell’epoca; inoltre restituisce lo stile, il linguaggio e la figura di Malaparte con grande perizia e ironia; infine, e forse qui sta il vero merito dell’opera, fa venire una voglia matta di leggere o ri-leggere tutta l’opera del grande “maledetto toscano”…

Prede e predatori (su “Cacciatore Celeste” – Calasso)

Il Cacciatore Celeste
Il Cacciatore Celeste

La caccia è il paradigma del mondo, la radice stessa della trasformazione attraverso cui l’animale “sapiens” ha evoluto e trasformato se stesso. Nel superbo “Il Cacciatore Celeste”, appena uscito per Adelphi, Calasso ci accompagna in una battuta serratissima tra le selve della storia, del mito, dell’antropologia e della filosofia.
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CANTAMI o DIVA (su “Omero nel Baltico” – Vinci)

Copertina Omero nel Baltico
Copertina Omero nel Baltico

Ho avuto l’occasione di leggere poco tempo fa un libro molto interessante che ha rispolverato le mie sopite conoscenze relative alla letteratura greca e che mi è molto piaciuto. Il volume in questione è un saggio molto denso e curioso, scritto con estrema cura, dal titolo suggestivo: “Omero nel Baltico”. Il libro è un vero viaggio nel tempo e nello spazio. L’autore, Felice Vinci, ci accompagna infatti dalla Turchia e dal caldo e assolato Mediterraneo, luogo dove abbiamo sempre ambientato le avventure del ciclo omerico, fino ai fiordi della Scandinavia. Secondo la tesi del libro, infatti, il nucleo di leggende e miti da cui è scaturita l’Iliade e l’Odissea sarebbe la memoria ricostruita e ricollocata al sud del folklore di un popolo inizialmente abitante del nord.
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L’antropologo e i marziani (un ricordo in onore di Oliver Sacks)

Copertina di Uomo che scambiò sua moglie per un cappello
Copertina L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello

Oliver Sacks, l’uomo dei “Risvegli” e il più famoso esperto dei misteri della mente, se ne è andato da pochi giorni. Per tutta la vita ha, con delicatezza e poesia, offerto, attraverso i suoi saggi, uno sguardo sui misteri del cervello umano, raccontando le storie dei suoi pazienti. Vorrei in questo breve post parlare di uno dei suoi testi più famosi: “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello“. Continua la lettura

Russian Roulette (su “Il defunto odiava i pettegolezzi” – Vitale)

Il defunto odiava i pettegolezzi
Copertina di “Il defunto odiava i pettegolezzi”

Immaginate di essere un poeta, uno con il cuore che scoppia di parole, immagini, canzoni, passioni e voglia di vivere. Immaginate di innamorarvi di un ideale, bellissimo sulla carta, che nel giro di pochi anni vi mostra il suo lato più meschino e sordido. Immaginate ora di essere un uomo insicuro, bisognoso d’amore ed ossessionato dalla paura della solitudine, della malattia e della morte. Adesso immaginate che vi ritrovino, un giorno d’Aprile, nel vostro studio, dopo un misterioso diverbio avuto con la vostra bellissima amante, a terra, occhi sbarrati al cielo e un buco in petto. Già questi elementi possono essere sufficienti a tratteggiare un bel romanzo che racconti della vita, dell’arte e dell’amore. Ne “Il defunto odiava i pettegolezzi” tuttavia c’è molto di più.
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La costruzione di Dio (su “il Regno” – Carrère)

Copertina Il Regno
Copertina Il Regno

Scrivere un libro sui primi secoli del Cristianesimo, scriverlo bene, con ironia sottilissima e feroce non è impresa da poco. Realizzare poi una specie di fiaba alla rovescia per raccontarci la storia dell’apostolo Paolo scarnificandola di tutta la sovrastruttura di fede per restituirci la vita “un self-made man”, creatore di un brand millenario, è ancora più complicato. Occorre essere intelligente e spudorato, coltissimo, capace di parlare di santi e profeti con sicurezza e libertà di spirito: occorre, semplicemente, essere quel fenomeno di Emanuel Carrère e aver scritto per Adelphi il bellissimo libro “ll Regno“.
Il romanzo, recentissimo e già best seller, è un fiume in piena, lungo, complesso, con una prima parte quasi surreale dove l’autore si dilunga, con la sua prosa avvolgente, a narrarci della sua fase religiosa degli anni novanta e di come dall’esaltazione sia tornato ad un sobrio agnosticismo. Tuttavia, finito l’amore per il Cristianesimo, è rimasta la curiosità, un po’ come si è curiosi di conoscere meglio un ex-amante con cui abbiamo chiuso ma di cui ritroviamo le foto nei vecchi bauli di casa. Ed ecco allora che Carrère scrive e scopre il piacere sottile di ri-costruire la storia segreta del primo cristianesimo, di quel momento fatale quando alla figura destabilizzante di Gesù venne sostituita quella di Cristo, creata da un Paolo di Tarso che sembra lo Steve Jobs dei romanzi e dei film tributo: affamato, folle, sì, ma anche capace di fare business e politica come pochi. Sarà lui a rendere la memoria commossa di un gruppo di pastori e pescatori di Galilea una fede dinamica, itinerante, convincente ed adatta al bisogno di certezze del popolo dell’Impero Romano del primo secolo. Il libro è scritto bene, con astuzia da grande affabulatore, ed è un godimento per il lettore che accetta, grazie alla voce voce flautata e scaltra dello scrittore, di essere sballottato tra tutti i porti del Mediterraneo, di ricevere smentite clamorose e di scoprire come le figure ieratiche che vede nelle chiese sono state in verità uomini molto “di mondo”. Certo, il libro è, come sempre in questi frangenti, anche l’occasione per l’autore di fare molta autobiografia e di togliersi qualche sassolino dalla scarpa ma Carrère, scrittore, sceneggiatore e chi più ne ha ne metta, è una figura della letteratura che si ama o si odia, senza sconti. Io lo amo tantissimo. Come tutti i geni che si rispettino è privo di modestia e di pudore e perciò capace offrire una narrazione sontuosa e in grado di catturare fino all’ultima riga.
Dopo aver scoperto la gestazione tumultuosa della nostra “radice dell’Occidente” si resta scossi e turbati e, chiuso il libro, ci si sente in dovere di interrogarsi sul senso che ha il nostro rapporto con l’Oltre (Dio, Anima Mundi, Natura, Infinito o come volete chiamarlo). Credo che ottenere un effetto tanto potente è una prova della bellezza di un libro che più adatto (e allo stesso tempo più fuori luogo di così) rispetto al periodo pasquale non c’è. Cosa leggere oltre a questo? Per godere la stessa pericolosa vicinanza con gli istanti che hanno modificato il destino del mondo, consiglio il meraviglioso: “Momenti Fatali” di Stefan Zweig. A questo aggiungo un testo che aiuta ad allargare la nostra prospettiva “euro-cristiano-centrica”: “Armi acciaio e malattie” di Jared Diamond.

Dalla russia con amore (su “I falsi Demetri”- Mérimée)

copertina de "I falsi Demetri"
copertina de “I falsi Demetri”

La storia, narrata ne “I falsi Demetri“, a cavallo tra una fiaba russa e un racconto di spionaggio stile “007”, è abbastanza curiosa. Uno strano personaggio appare in Polonia spacciandosi per Demetrio, erede di Ivan il terribile, morto (almeno così era parso a tutti) bambino per un incidente durante l’esilio dorato a cui lo aveva condannato Boris, onnipotente consigliere dello Zar e poi suo successore. Questo Demetrio (e non sarà l’unico a definirsi tale), cavaliere, avventuriero, attore consumatissimo riesce a farla in barba a tutti.
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