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La costruzione di Dio (su “il Regno” – Carrère)

Copertina Il Regno
Copertina Il Regno

Scrivere un libro sui primi secoli del Cristianesimo, scriverlo bene, con ironia sottilissima e feroce non è impresa da poco. Realizzare poi una specie di fiaba alla rovescia per raccontarci la storia dell’apostolo Paolo scarnificandola di tutta la sovrastruttura di fede per restituirci la vita “un self-made man”, creatore di un brand millenario, è ancora più complicato. Occorre essere intelligente e spudorato, coltissimo, capace di parlare di santi e profeti con sicurezza e libertà di spirito: occorre, semplicemente, essere quel fenomeno di Emanuel Carrère e aver scritto per Adelphi il bellissimo libro “ll Regno“.
Il romanzo, recentissimo e già best seller, è un fiume in piena, lungo, complesso, con una prima parte quasi surreale dove l’autore si dilunga, con la sua prosa avvolgente, a narrarci della sua fase religiosa degli anni novanta e di come dall’esaltazione sia tornato ad un sobrio agnosticismo. Tuttavia, finito l’amore per il Cristianesimo, è rimasta la curiosità, un po’ come si è curiosi di conoscere meglio un ex-amante con cui abbiamo chiuso ma di cui ritroviamo le foto nei vecchi bauli di casa. Ed ecco allora che Carrère scrive e scopre il piacere sottile di ri-costruire la storia segreta del primo cristianesimo, di quel momento fatale quando alla figura destabilizzante di Gesù venne sostituita quella di Cristo, creata da un Paolo di Tarso che sembra lo Steve Jobs dei romanzi e dei film tributo: affamato, folle, sì, ma anche capace di fare business e politica come pochi. Sarà lui a rendere la memoria commossa di un gruppo di pastori e pescatori di Galilea una fede dinamica, itinerante, convincente ed adatta al bisogno di certezze del popolo dell’Impero Romano del primo secolo. Il libro è scritto bene, con astuzia da grande affabulatore, ed è un godimento per il lettore che accetta, grazie alla voce voce flautata e scaltra dello scrittore, di essere sballottato tra tutti i porti del Mediterraneo, di ricevere smentite clamorose e di scoprire come le figure ieratiche che vede nelle chiese sono state in verità uomini molto “di mondo”. Certo, il libro è, come sempre in questi frangenti, anche l’occasione per l’autore di fare molta autobiografia e di togliersi qualche sassolino dalla scarpa ma Carrère, scrittore, sceneggiatore e chi più ne ha ne metta, è una figura della letteratura che si ama o si odia, senza sconti. Io lo amo tantissimo. Come tutti i geni che si rispettino è privo di modestia e di pudore e perciò capace offrire una narrazione sontuosa e in grado di catturare fino all’ultima riga.
Dopo aver scoperto la gestazione tumultuosa della nostra “radice dell’Occidente” si resta scossi e turbati e, chiuso il libro, ci si sente in dovere di interrogarsi sul senso che ha il nostro rapporto con l’Oltre (Dio, Anima Mundi, Natura, Infinito o come volete chiamarlo). Credo che ottenere un effetto tanto potente è una prova della bellezza di un libro che più adatto (e allo stesso tempo più fuori luogo di così) rispetto al periodo pasquale non c’è. Cosa leggere oltre a questo? Per godere la stessa pericolosa vicinanza con gli istanti che hanno modificato il destino del mondo, consiglio il meraviglioso: “Momenti Fatali” di Stefan Zweig. A questo aggiungo un testo che aiuta ad allargare la nostra prospettiva “euro-cristiano-centrica”: “Armi acciaio e malattie” di Jared Diamond.

Errante, erotica, eretica (su “Marguerite” – Petrignani)

Copertina Marguerite
Copertina Marguerite

C’era una volta una bambina piccolissima, con delle esili gambe e dalla pelle morbida e dalla bocca spavalda che da uno sperduto Oriente coloniale arrivò in Francia e divenne con gli anni una delle figure più controverse della letteratura occidentale. Questa impertinente e sensuale creatura è Marguerite Duras che rivoluzionò il modo di raccontare dell’amore e fece di tutta la sua vita un tributo alla scrittura offrendo alla penna i suoi personali ricordi più intimi e incantando con la sua “cantilena” generazioni. Adesso c’è questo bel libro che più che una biografia (“Marguerite“) sembra la memoria di un sogno dove ti chiedi dove finisce la vita e inizia il racconto.
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Una rosa è una rosa è una rosa è una rosa (su “Sulle tracce di una rosa perduta” – Di Robilant)

Copertina "Sulle tracce di una rosa perduta"
Copertina “Sulle tracce di una rosa perduta”
Questo profumato, raffinatissimo libriccino potrebbe andare a sostituire i mazzi di fiori che nei giorni di San Valentino vengono donati ad amanti, mogli, fidanzate o desiderate fanciulle. Il motivo è semplice: nel libro “Sulle tracce di una rosa perduta” di Andrea Di Robilant c’è tutto ciò che una donna può desiderare e sognare: un mare di fiori profumati e bellissimi, un nobile veneziano molto elegante, una coppia di appassionati romantici – e innamorati come solo gli anziani coniugi possono essere – e la Parigi scintillante e leziosa dell’epoca napoleonica con le sue imperatrici tristi, i suoi nobili, le sue dame di corte coinvolte in intrighi, amori e amicizie pericolose.
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